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L'agricoltura sociale

11 luglio 2016

L’agricoltura sociale (AS) rappresenta un insieme di pratiche innovative finalizzate a rivitalizzare le comunità mediante l’utilizzo delle risorse agricole e la creazione di ambienti di vita capaci di promuovere e far crescere le persone e le popolazioni. Radicata nei caratteri comunitari e civili dei territori rurali, essa è riemersa nelle moderne forme di una reinventata ruralità, tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, e oggi costituisce un elemento essenziale della multifunzionalità e, soprattutto, della multidealità dell’agricoltura.
L’AS richiama la nascita dell’agricoltura che avvenne diecimila anni fa per dar vita alle prime comunità umane stanziali. L’agricoltura nacque, infatti, come forma di vita collettiva, come ambito di regolazione condivisa per utilizzare le risorse ambientali comuni e così organizzare al meglio le attività comunitarie di cura. La coltivazione della terra sorse come attività di servizio per poter abitare un determinato territorio.
In una globalizzazione che pare aver smarrito il senso del luogo, riemerge un’agricoltura di servizi che pochi riescono a scorgere e a valutare nel suo significato più autentico. Un’agricoltura di comunità che incrocia inediti filoni culturali e operativi presenti nei servizi sociali e sociosanitari: quelli che guardano con approccio critico e riflessivo al vecchio Stato sociale che si va decomponendo. Un’agricoltura che sperimenta nuovi modelli di welfare (agri-welfare). Un’agricoltura civile che reintroduce nello scambio economico il mutuo aiuto e la reciprocità delle relazioni interpersonali. Un’agricoltura multideale che presuppone un contenuto etico e valoriale non misurabile né accertabile, ma parte integrante della reputazione degli operatori, e che mette in campo aziende agri-sociali come componenti costitutive del variegato arcipelago delle “organizzazioni a movente ideale” (OMI). In tali organizzazioni il movente non è primariamente il profitto ma un ideale, una missione o una vocazione. Esse portano con sé un elemento di gratuità: i comportamenti dei loro membri sono, infatti, praticati perché buoni e perché hanno un valore in sé. Se l’attività dell’impresa speculativa è solo uno strumento per ottimizzare qualcosa di esterno, ben distinto dall’attività stessa che quindi non ha alcun valore intrinseco ma, per definizione, unicamente strumentale, di converso l’OMI non svolge mai un’attività strumentale ma qualcosa che ha sempre un valore in sé. L’AS fa, dunque, riemergere un volto delle campagne che si stava dissolvendo e che rimanda alle tradizioni di solidarietà e reciprocità delle antiche società rurali.
Le attività di agricoltura sociale
In base alla Legge n. 141 del 18 agosto 2015, le attività di AS svolte dagli imprenditori agricoli e dalle cooperative sociali si possono suddividere in due branche. La prima riguarda l’insieme delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile. Queste attività hanno già una loro regolamentazione, compresi gli aspetti fiscali e previdenziali. In aggiunta alle normative in vigore, la legge n. 141 stabilisce che tali attività si configurano come AS quando sono finalizzate all’inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati, definiti ai sensi dell’articolo 2, numeri 3) e 4), del Regolamento (UE) n. 651 della Commissione, del 17 giugno 2014, di persone svantaggiate di cui all’articolo 4 della Legge n. 381 dell’8 novembre 1991, e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale.
Va sottolineato che tra le attività finalizzate all’inserimento socio-lavorativo di particolari fasce di popolazione e le altre attività agricole che il medesimo imprenditore agricolo o la medesima cooperativa sociale già svolge non c’è da rilevare alcuna complementarietà o connessione perché non si tratta di attività diverse. Le attività di inserimento socio-lavorativo di persone svantaggiate in agricoltura sono di per sé stesse agricole oppure si identificano con quelle agrituristiche o di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli o altre ancora, il cui svolgimento è già regolato da norme giuridiche. Solo la loro funzione è diversa: si tratta di attività finalizzate all’inserimento socio-lavorativo di soggetti fragili.
C’è poi una seconda branca di attività di AS che riguardano specificamente le attività di fornitura di servizi sociali, socio-sanitari, educativi mediante l’utilizzazione di attrezzature o risorse materiali e immateriali impiegate nelle attività agricole. La Legge n. 141 raggruppa dette attività in tre tipologie:
- prestazioni e attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, di inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana;
- prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante;
- progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale, fisica e psichica.
Il riconoscimento degli operatori dell’agricoltura sociale
Le Regioni dovranno stabilire le modalità per consentire il riconoscimento degli operatori dell’AS da parte degli enti preposti alla gestione delle prestazioni e dei servizi sociali, socio-sanitari, educativi e di inserimento socio-lavorativo e di rendere pubblici i nominativi degli operatori riconosciuti. Deve essere chiaro che non si tratta di accreditamento ma di riconoscimento. I due termini non sono sinonimi e il legislatore ha utilizzato il secondo a ragion veduta. Basta leggere i resoconti dei lavori parlamentari per verificare che, ad un certo punto, il termine “riconoscimento” ha sostituito la parola “accreditamento” a seguito di una puntuale richiesta delle reti di AS. E questo per un motivo molto semplice: le attività di AS sono esercitate da decenni senza che alcuna normativa le abbia regolamentate. Sono espressione della capacità della società civile di realizzare da sé risposte ai bisogni sociali. Non si tratta dunque di esternalizzare servizi e prestazioni già svolte da enti pubblici e che questi affidano a strutture private da accreditare. Le istituzioni non devono accreditare ma riconoscere le attività che gli operatori dell’AS già svolgono per proprio conto, valutandone l’effettivo interesse generale. L’articolo 118 della Costituzione prevede che "Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà”. L’oggetto della valutazione e del monitoraggio deve riguardare essenzialmente un aspetto fondamentale: se le attività svolte dagli operatori dell’AS sono effettivamente di interesse generale o meno. Occorre, infatti, passare da una sussidiarietà ottriata o concessa ad una sussidiarietà fondata sul riconoscimento della società civile. La mancanza di questa visione corretta della sussidiarietà crea forme dirigistiche nei rapporti tra istituzioni e cittadini che frenano la capacità della società civile di formare reti di economie civili e di cittadinanza attiva.
Tutte le attività di AS possono essere svolte da operatori riconosciuti in associazione con imprese sociali, associazioni di promozione sociale, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Naturalmente restano ferme la disciplina e le agevolazioni applicabili a ciascuno dei soggetti richiamati in base alla normativa vigente.
Le medesime attività sono realizzate, nei casi in cui ciò è previsto dalla normativa di settore, in collaborazione con i servizi sociosanitari e con gli enti pubblici competenti per territorio. Quest’ultimi, nel quadro della programmazione delle proprie funzioni inerenti alle attività agricole e sociali, promuovono politiche integrate tra imprese, produttori agricoli e istituzioni locali al fine di sviluppare l’AS.
In conclusione si può affermare che le prospettive dell’AS risiedono: a) nella capacità di sviluppare il terziario civile innovativo che, da tempo, si è messo in movimento; b) nella qualità delle connessioni, cioè delle collaborazioni e delle partnership che si stabiliranno tra competenze diverse; c) nel modo in cui queste connessioni alimenteranno e renderanno efficaci i percorsi partecipativi dal basso, integrando – nella fase attuativa della Programmazione dei Fondi Strutturali e d’Investimento Europei 2014-2020 - sviluppo rurale (PSR) e pianificazione sociale (POR FSE e Piano Sociale regionale).
 

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